domenica 18 settembre 2011

A Te...che parli con l'altra Me.

Oggi ho deciso finalmente di far pulizia tra le mie cose... quelle cose che mi tengono ancorata al passato, ad un certo passato che vorrei lasciarmi alle spalle. E la parte peggiore tra queste cose sono le pagine dei sentimenti che provavo nei miei momenti peggiori e che ho conservato con un certo qual senso di auto-lesionismo.
Basta darci un'occhiata per sprofondare all'improvviso in quelle stesse sensazioni. Ma non ho deciso di farci pace...con certe cose non si fa pace. Ho deciso di rimuoverle e le ho strappate. E buttate.
Tra le altre cose ho trovato però parole che qualcuno scrisse a me anni or sono e che mi limito a riportare, perché autoesplicative. Recitavano così:

"L'amore è il valore summa per cui vale la pena vivere, è una magia, un "miracolo" che il Fato, gli dei ci concedono. Gli uomini, di solito, lo sciupano, non lo riconoscono, lo bistrattano, fanno confusione, rinunciano a viverlo per paure di vario genere... ma... solo l'amore rende liberi.
[...]
La gente è capace di amarci per quello che siamo... non dobbiamo essere necessariamente "onnipotenti, perfetti, irreprensibili, dolorosamente coerenti, responsabili, maturi e stabili" per esser degni di un amore.
[...]
Un amore lo si costruisce con pazienza, dedizione, comprensione, rispetto... non si può avere tutto e subito... talvolta è un gioco sottile, doloroso, fatto di paura, di paura di donare, di diventare "preda" dell'altro, di lasciarsi andare, lasciarsi scoprire per quello che si è veramente e temere di essere, invece, traditi, non compresi, lasciati...
[...]
Molto spesso ci condanniamo ad essere gli inesorabili carnefici di noi stessi, ci esponiamo alle peggiori angherie per espiare ipotetiche colpe, non avendo mai pagato abbastanza il grave peccato di essere venuti al mondo e di averlo fatto nella maniera più discreta possibile, con una domanda d'amore intollerabile, sempre gridata a gran voce."





venerdì 16 settembre 2011

Galleggiare o gareggiare?


Stamattina sono stata in piscina. A centro vasca ad un certo punto mi son fermata perché una domanda mi ha all'improvviso occupato la mente. Ancora cercavo di comprenderla che già avevo ripreso a nuotare con più forza. La domanda era: nuoto per galleggiare o per gareggiare?
Il punto è che siamo tutti nelle stesse acque se vogliamo. Ma ognuno in condizioni diverse. Ma la cosa che dovrebbe effettivamente accomunarci/distinguerci è proprio l'intenzione.
Nuotiamo solo per stare a galla e fare le vasche che abbiamo nelle gambe e nelle braccia o nuotiamo per allenarci, per primeggiare, per stare bene con noi stessi, per fare più vasche possibile...?
E ho realizzato cosa ho fatto negli ultimi anni. Tanti anni.
Ho realizzato che quando ci lasciamo andare all'apatia e  ci diamo alla filosofia del "mo vediamo" - beh, quando lo facciamo- stiamo facendo una scelta inconscia. Stiamo inconsciamente scegliendo che siano gli altri e gli avvenimenti a decidere cosa sarà di noi. Noi... cerchiamo solo di rimanere a galla. Ma è questo che vogliamo davvero? E' questo che siamo? Creature fatte per lottare una vita semplicemente per restare a galla? E non sarebbe forse meglio a quel punto mandare giù acqua- più acqua possibile- e lasciarci cadere sul fondo?
Forse no, perché probabilmente potremmo voler evitare che qualcun altro ci salvi. Perché se qualcuno ci salvasse...poi avremmo modo di vergognarci di noi stessi, di dover esser grati a qualcuno, di dover dimostrare qualcosa...
Oppure...potrebbe anche accadere che la botta sul fondale ci incitasse a darci una spinta per riportarci su, magari con una ritrovata voglia di farcela.
E' la molla che manca.
Non si torna mai indietro purtroppo.
Ma non siamo niente se cerchiamo solo di galleggiare.
E' tempo di cominciare ad allenarsi per gareggiare. A galleggiare... abbiamo già imparato. Bisogna aggiungere qualcos'altro, vincere qualche paura...

domenica 4 settembre 2011

Un tuffo dove l'acqua è più blu, niente di più


“Dire che ti penso è un controsenso - perché sei sempre qui - tra le mie dita come la vita che in un sorriso vivi”.

Dire che sono stanca che tu sia il mio primo pensiero ogni volta che mi sveglio è…un eufemismo. Perché mi sveglio almeno tre volte a notte e preferivo quando l’unico  pensiero era quello di andare in bagno. Mi alzavo, mi toglievo il pensiero e ritornavo a letto tranquilla. Invece adesso no. Neanche più in bagno devo andare, anzi ho sete, devo bere, e non mi è mai piaciuto bere in dormi veglia. Così ho ancora più tempo per indugiare su di te.  Di buono c’è che finalmente smetto di ripercorrere i ricordi.
Dopo l’ennesima notte così, stamattina quando ho aperto gli occhi eri di nuovo lì davanti. E ho sentito un desiderio fortissimo. Quello di tornare al 14 luglio scorso, con un solo avvertimento. Un avvertimento infilato sotto pelle. Voglio sentirlo traspirarmi addosso.  Voglio capire come sia possibile che ‘sto gioco mi si sia appiccicato addosso con tanta forza.  Eppure riconosco che non c’è nessun legame, nessun motivo. E continuo nonostante tutto a non riuscire a staccarmelo di dosso. 
Ho passato l’ultimo mese a far tutto quanto in mio potere per rimuovere fino all’ultima traccia di ricordi e sensazioni e adesso quei giorni mi sembrano lontani anni luce anche se così non sono. Ma non mi basta. Anche seppellito sotto una montagna di altre sensazioni continui a farmi sentire la tua esistenza.  E col tempo tutto si attenua e bla bla bla… ma di pazienza non ne avevo e non ne ho.  
Eppure in qualche modo sparirai dalla mia testa. Questo è certo. 


Il nemico alle spalle

Tremavo. Mi nascondevo. Stridevo. Piangevo. Il Nemico era dietro di te: non sapevo aiutarti, non potevo proteggerti. Quel Nemico che n...